Investire in Cina

La Cina rappresenta la seconda economia mondiale più grande e detiene il primato come paese con il più grande potere d’acquisto secondo l’IMF.L'espansione economica della Cina ha subito un rallentato nel 2015, attestandosi ad un tasso ufficiale del 6,9%, scendendo al di sotto dell'obiettivo 7% per la prima volta dalla recessione globale nel 2009.

Una crescita più lenta rispetto agli anni passai, ma in linea con la politica della “nuova normalità”, cioè il passaggio da una crescita ad alta velocità ad una a medio-alta, puntando a migliorare e rinnovare la struttura economica del Paese che è sempre più guidata dall’innovazione piuttosto che dagli investimenti. Con il nuovo piano quinquennale, presentato a marzo 2016 l’intenzione dei leader cinesi è proprio quella di progettare una difficile transizione da una economia di investimenti basata principalmente sull’industria pesante, esportazioni a basso costo ed investimenti in infrastrutture ad un modello più sostenibile alimentato dai consumi interni, produzione di alta qualità e un settore dei servizi notevolmente ampliato. Questo è destinato ad essere un processo lungo, disseminato di ostacoli e insidie, ma il piano dovrebbe fornire una road map mettendo in evidenza i settori sui quali aumentare gli investimenti e quelli in cui il capitale deve essere limitato.

Settori come quello manifatturiero stanno avendo problemi legati alla sovracapacità produttiva e alle questioni ambientali, ed affrontano quindi un rallentamento, mentre altri come quello dei servizi e della manodopera altamente specializzata stanno crescendo, grazie anche ad aiuti governativi.

Il nuovo piano quinquennale intende mettere mano anche sulla rete di sicurezza sociale (con la quale si intende welfare, benefit per i disoccupati, healthcare in generale ecc…) e quindi di sopperire alle mancanze attuali. Questo provvedimento sarà attuato nella speranza che un consumatore più “sicuro” possa essere più incline a risparmiare meno e spendere di più.

Ad oggi, la spese al consumo privato in Cina è di gran lunga inferiore rispetto a molti altri Paesi.  Tuttavia, le previsioni indicano un rapido recupero nei prossimi anni: se nel 2010 i consumi privati rappresentavano circa il 35% del GDP (PIL – Prodotto Interno Lordo), per il 2020 si prevede un aumento superiore al 50%. In altre parole, le persone spenderanno più della metà del proprio reddito disponibile in beni di consumo. Un numero crescente di cinesi si trasferirà dalle zone rurali a quelle urbane (oltre il 30%), e le aree urbane già esistenti continueranno a espandersi creando nuove megalopoli, in particolare nelle province continentali e occidentali della Cina.

Nell’attuale crisi globale, la Cina rappresenta una delle maggiori opportunità di crescita, poiché i consumi nelle città di seconda e terza fascia continuano a crescere. Il boom di consumi continuerà ad offrire opportunità senza precedenti e modificherà le dinamiche competitive globali di molti settori.

Per cogliere le opportunità offerte dal mercato cinese è necessario essere presenti in loco. Ciò ha il vantaggio anzitutto di cogliere le tendenze emergenti e le peculiarità della domanda cinese, di accorciare la distanza tra produttori e consumatori in termini logistico-commerciali, monitorare costantemente sia l'evoluzione normativa che le politiche amministrative decise e messe in atto dalle autorità provinciali e municipali, che per la vastità continentale del paese-mercato possono essere soggette a sensibili variazioni.

 

Principali indicatori economici

 

In dollari

2012

2013

2014

2015

PIL Nominale (mld)

8.461,35

9.494,59

10.352,12

10.795,88

Variazione del PIL (%)

7,7

7,7

7,4

6,9

PIL pro-capite

6.264

6.995

7.588

7.847

Disoccupazione (%)

4,1

4,1

4,1

4,04

Debito pubblico (% PIL)

14,7

14,8

15,1

15,3

Bilancia commerciale (mld)

231

258

383

602

 

Principali indicatori sociali e demografici

 

Dati al 01.01.2015

 

Popolazione

1.376.048.000

Lingua ufficiale

Mandarino

Religione

Shenismo 69,5%; Buddhismo 13,8%; Cristianesimo 2,4%; Islam 1,7%; altro 12,6%

Struttura demografica (quota %)

Maschi 51,27%; femmine 48,73%

Fasce di età

0-14 anni: 17.1%

15-24 anni: 14.7%

25-54 anni: 47.2%

55-64 anni: 11.3%  

Over 65: 9.6%

Età media

36,7 anni

Tasso di crescita della pop (in %)

0,44%

 

Sdoganamento e documenti di importazione

 

Dal 2001, anno in cui la Cina è entrata a far parte della WTO, sono state eliminate le quote alle importazioni e si è verificato un calo delle tariffe doganali dal 17% al 10%. Il principio generale resta quello secondo il quale le merci che entrano in Cina sono soggette al pagamento sia di un dazio doganale sia della VAT (Value Added Tax, corrispettivo dell’IVA), inoltre per alcuni beni è previsto il pagamento della Consumption Tax (tassa sul consumo), che si applica sul valore in dogana della merce, maggiorato del dazio.

L’autorità doganale cinese valuta e riscuote i dazi. Il dazio è calcolato sull’importo CIF (Cost, Insurance and Freight) delle merci importate. Se l’importo non appare adeguato o il valore della transazione non può essere determinato, le dogane hanno la facoltà di richiedere il pagamento di un dazio calcolato in via “presuntiva”, ossia supposto sulla base di parametri interni.

Dal 2003 la Cina ha istituito il sistema di Certificazione CCC (China Compulsory Certification): un marchio obbligatorio relativo alla sicurezza e alla qualità dei prodotti venduti sul mercato cinese, assimilabile al marchio CE in ambito comunitario. La mancanza di certificazione ha come conseguenza, tra l’altro, il sequestro delle merci in dogana. La lista dei prodotti che devono ottenere la certificazione CCC, le categorie rilevanti e le specifiche tecniche sono contenute nel Catalogue of the Products under Compulsive Certification of the State pubblicato e costantemente aggiornato sul sito del China Quality Certification Centre (www.cqc.com.cn).

 

Normativa per gli investimenti stranieri

 

Gli investimenti stranieri vengono distinti in 4 categorie: incoraggiati (nel settore hi-tech, investimenti con tecnologie che comportano risparmio energetico e che prestano attenzione al problema dell’impatto ambientale, investimenti nelle regioni interne centrali e nell’ovest del Paese ed infine investimenti per le società che esportano il 100% della produzione), permessi (in tutti quei settori non rientranti nelle altre tre categorie), ristretti (tassativamente elencati all’interno del Catalogo) e vietati (circoscritti a pochi settori come ad esempio quello degli armamenti o del gioco d’azzardo). La nuova versione del Catalogo vuole riflettere le politiche previste all’interno del XIII Piano Quinquennale (2016-2020), il cui scopo è reindirizzare il capitale straniero verso industrie ad alta tecnologia e produttrici di energie alternative ed eco-compatibili.

Tra le forme di investimento si annoverano:

·         Joint Venture, sia nella forma di Equity Joint Venture (EJV), che in quella di Contractual Joint Venture (CJV)

·         Wholly Foreign-Owned Enterprise (WFOE).

 

Inoltre, benché non costituiscano una forma di investimento diretto, merita una spiegazione la disciplina degli Uffici di Rappresentanza. Gli Uffici di Rappresentanza sono uno strumento utile nella fase iniziale di insediamento e in quella successiva per poter gestire e coordinare la propria presenza in Cina, ed inoltre permette di richiedere investimenti non elevati. Ma, per contro, sono dotati di una operatività limitata, poiché non possono svolgere attività commerciali dirette (vendita e produzione), ma solo attività di promozione e studio di mercato per contro della società madre. Pertanto, gli Uffici di Rappresentanza sono dei meri centri di costo, non di profitto ma, ciononostante sottoposti a prelievo fiscale da parte delle autorità cinesi.

 

Sistema societario cinese

 

Tra le forme societarie si riscontrano notevoli differenze nel modo in cui vengono disciplinate le società di capitali investita da soli cinesi, quella a capitale interamente straniero e quella in forma mista (JV). Mentre le prime due forme societarie hanno una disciplina molto simile a quelle adottate nei paesi dell’Europa continentale la disciplina delle JV merita di essere approfondita.

La Joint Venture (JV) prevede un accordo di collaborazione con cui due o più imprese, pur mantenendo la propria indipendenza giuridica, collaborano per la realizzazione di un progetto di natura industriale o commerciale, che si caratterizza per l’utilizzo sinergico delle risorse portate dalle singole imprese partecipanti oltre ad un’equa suddivisione dei rischi legati all’investimento. Si differenziano in: Equity Joint Venture (EJV) e Contractual Joint Venture (CJV).

La Equity Joint Venture è una società a capitale misto, costituita almeno da un soggetto straniero (individuo o persona giuridica) e da una persona giuridica cinese (sussiste il divieto per le persone fisiche cinesi di partecipare a joint ventures sino-estere). La EJV comporta la costituzione di un soggetto terzo, che si pone come autonomo centro di imputazione di diritti e di obblighi Il partner straniero dovrà detenere una quota pari o superiore al 25% del capitale sociale, potrà essere inferiore a questa percentuale soltanto se ciò avvenga in conformità con le procedure di costituzione.

Le Contractual Joint Venture (CVJ) possono essere di 2 tipologie: una “pura”, rappresentata da un semplice rapporto contrattuale tra i partner simile ad un accordo di partnership temporanea, ed una “ibrida” a metà tra una CJV pura ed una EJV che, al contrario, prevede la nascita di una persona giuridica nuova ed autonoma rispetto alle parti.  Tuttavia, a differenza di quanto avviene nel caso di una EJV in cui la creazione di una newco è un passaggio imprescindibile, nel caso della CJV le parti potranno limitarsi a creare una semplice “partnership” priva dello status di persona giuridica autonoma. In questo caso, tuttavia, le parti non potranno beneficiare della limitazione della responsabilità applicabile nel caso di costituzione di una società di capitali e saranno ritenute illimitatamente responsabili nei confronti dei creditori della CJV per le obbligazioni assunte da quest’ultima.

Le Wholly Foreign-Owned Enterprises (WFOE) costituite nella forma di società a responsabilità limitata, interamente possedute e gestite da investitori stranieri, sono diventate la forma preferenziale di investimento. La differenza principale con le EJC riguarda il sistema di corporate governance. Infatti, se le società costituite esclusivamente da capitale straniero, ovvero le WFOE, sono disciplinate da un modello più flessibile, stabilito dalla legge societaria del 2005, simile a quello adottato nei Paesi dell’Europa occidentale, per le JV è invece previsto un sistema rigido di governance, inderogabile da parte dei soci dove, ad esempio, decisioni importanti quali modifiche allo Statuto, aumenti di capitale, scioglimento, fusione e scissione della società, devono essere prese all’unanimità da parte dei soci.

 Considerando le caratteristiche descritte delle WFOE è agevole osservare come queste presentino degli indubbi vantaggi rispetto alle Joint Ventures. Per prima cosa, detenere il 100% del capitale comporta un controllo maggiore e più efficace sulla gestione della società; in secondo luogo, si incontrano meno difficoltà sul versate del know-how, che resta nelle mani dell’investitore straniero.

 

Sistema fiscale cinese

 

Imposta sulle attività di impresa

Con l’entrata in vigore a partire da gennaio 2008 della Enterprise Income Tax Law (EITL), il sistema di trattamento fiscale per le imprese locali (Joint Venture) e a capitale straniero (Wholly Foreign Owned Entreprises) è stato uniformato, creando un ambiente imprenditoriale più equo e competitivo e allargando la base imponibile che ha permesso altresì di ridurre le singole aliquote. Le prime rientrano in una tassazione standard (Income Tax) del 25% sul reddito complessivo prodotto. Le seconde sono tenute a versare un’aliquota del 20% (10% per i paesi come l’Italia che ricadono all’interno di particolari accordi, addirittura 5% per il regime fiscale agevolato di Hong Kong) in aggiunta alla VAT, calcolata sul reddito prodotto da un attività che abbia richiesto una presenza in territorio cinese superiore ai sei mesi; in caso di permanenza minore, la suddetta aliquota non viene applicata, mantenendo solamente l’obbligo della Vat (6%).

Sgravi fiscali sono poi previsti per particolari tipologie di imprese, come per esempio quelle operanti in settori di ricerca e sviluppo, protezione ambientale e risparmio energetico. Aliquote ridotte vengono applicate anche per imprese operanti nel settore dell’alta tecnologia e per le piccole imprese o quelle poco redditizie rispettivamente di 15% e 20%, particolari regimi fiscali agevolati vengono favoriti per le aree destinate ad attrarre investimenti esteri.

Imposta sul reddito delle persone fisiche

Le persone fisiche residenti in Cina e i cittadini stranieri che risiedano nel Paese per più di 183 giorni (90 per coloro provenienti da Paesi che non hanno siglato accordi per evitare la doppia imposizione) sono soggetti al pagamento dell’imposta sul reddito individuale. Nel caso di cittadini stranieri tuttavia, tale aliquota viene applicata ai soli redditi prodotti in Cina, quando invece il reddito del cittadino cinese è totalmente sottoposto all’applicazione dell’imposta individuale.

 

Reddito da lavoro (mensile) (in RMB)

Aliquota

Da

Fino a

 

0

1500

3%

1501

4500

10%

4501

9000

20%

9001

35000

25%

35001

55000

30%

55001

80000

35%

80001

E oltre

45%

 

Imposta sul valore aggiunto

I contribuenti vengono classificati in due categorie a seconda della loro capacità contributiva: contribuenti ordinari e piccoli contribuenti. I primi possono essere soggetti a diverse aliquote in base all’attività condotta: se infatti la VAT ordinaria è del 17% per i beni venduti e importati, esiste altresì un’aliquota del 13% applicabile ad alcune particolari categorie di prodotti quali forniture domestiche, alcune tipologie di cibi, libri ecc, finanche un’aliquota dello 0% per i prodotti esportati e per casi tassativamente previsti dallo Stato (per le esportazioni si parla di aliquota 0%, in realtà la VAT viene versata e successivamente rimborsata). I secondi rientrano in uno speciale computo della VAT che si è attestato al 3% in seguito alla riforma del 2008.

Per le attività economiche escluse dalla VAT è prevista inoltre un’altra tassa detta Business Tax, diretta al trasferimento di proprietà immobili, diritti sull’uso di terreni e altri servizi (costruzioni, finanziari, hotel e catering, entertainment ecc.). Tutti i servizi sono soggetti alla Business Tax indipendentemente dal fatto che il fornitore del servizio sia localizzato in Cina o meno (dal 1 gennaio 2009). Le aliquote previste da tale imposta variano dal 3% al 20%.

Infine si cita la Consumption Tax, applicata ai soggetti che si occupano di produzione, importazione e lavorazione di particolari tipologie di beni considerati “non essenziali” o “di lusso”, come alcol, cosmetici, gioielli, ecc... Questa tassa è calcolata basandosi sul prezzo di vendita dei prodotti, sul volume di vendita o la combinazione dei due. L’aliquota proporzionale varia dal 1% al 56% del ricavo di vendita dei prodotti. Le esportazioni sono esenti da questa tassa.

 

Settori di maggior interesse

-          Macchinari

-          Agroalimentare

-          Abbigliamento

-          Arredamento

-          Sanitario

-          Energie rinnovabili

-          Fornitura di acqua